
Quali differenze ci sono tra nomina, conferma e rinnovo dell’amministratore di condominio? Come si traducono nella pratica? E quali effetti hanno sulla comunicazione analitica del compenso?
Fin dall’entrata in vigore della riforma del condominio, il tema non ha mai cessato di sollevare dibattito. E la stessa giurisprudenza, di merito e di legittimità, si è spesso espressa in maniera contraddittoria o poco chiara.
Facciamo allora il punto della situazione, cercando di fugare ogni dubbio.
Quanto dura l’incarico dell’amministratore condominiale?
Innanzitutto, quanto resta in carica l’amministratore di condominio?
La materia, come è noto, è stata disciplinata dalla nuova formulazione dell’art. 1129 c.c. scaturita dalla legge 220/2012. Il comma 10, recita testualmente:
“L’incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata. L’assemblea convocata per la revoca o le dimissioni delibera in ordine alla nomina del nuovo amministratore“.
Ebbene, questo comma è risultato tra i più controversi della Riforma, dando dato adito almeno a 3 diverse letture:
- L’incarico ha durata di un anno, dopodiché l’assemblea può nuovamente incaricare l’amministratore per un altro anno;
- Ogni anno l’incarico si rinnova automaticamente per l’anno successivo, fino ad eventuale manifestazione di dissenso da parte dell’assemblea
- L’incarico ha durata di 1 anno. Dopodiché cessa. Ma se non c’è una manifestazione contraria dell’assemblea, inizia automaticamente un altro anno di mandato, terminato il quale l’incarico cessa senza più possibilità di rinnovo automatico.
Come spiega l’avvocato Andrea Marostica, “l’unica interpretazione plausibile è la terza. In sostanza, siamo di fronte al cosiddetto 1 + 1. Che però, per usare un gioco di parole, non equivale a due. Il rinnovo, infatti, non fa proseguire l’incarico precedente: ne fa partire automaticamente uno nuovo, di durata sempre annuale, al termine del quale occorrerà deliberare in merito alla nomina o alla revoca”.
Nomina, conferma e rinnovo dell’amministratore: che differenza c’è?
Chiariti i dubbi circa la durata dell’incarico dell’amministratore, è anche più immediato comprendere la differenza, nella teoria e nella pratica, tra:
- nomina
- conferma
- rinnovo
A spiegarlo, con estrema chiarezza, è ancora l’avvocato Marostica, in questa breve videopillola:
Ricapitoliamo quanto illustrato dall’avvocato Marostica.
Conferma: è una delle attribuzioni dell’assemblea ex articolo 1135 c.c.
Necessita di delibera assembleare, e altro non è che la nomina del soggetto che già svolgeva l’incarico di amministratore.
Rinnovo: è un meccanismo giuridico automatico, che scatta al termine del primo anno di incarico, e che non necessita di delibera assembleare.
Conferma e rinnovo dell’amministratore: quali effetti sulla specificazione del compenso
Secondo l’articolo 1129, comma 14 del c.c.:
“L’amministratore, all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta“.
A questo punto, però, si pone una domanda. Essendo il rinnovo una procedura automatica che non necessità di delibera, in che momento e con quali modalità l’amministratore può comunicare ai condòmini il dettaglio del proprio compenso?
Ancora una volta, a fornire un’interpretazione è l’avvocato Andrea Marostica: “Nelle disposizioni codicistiche non c’è una risposta esplicita. Ciò che sembra più ragionevole, tuttavia, è che l’amministratore, a ridosso della scadenza del primo incarico annuale, reinvii ai condòmini la comunicazione relativa alla specificazione analitica del proprio compenso. Questo anche perché, durante il primo anno di incarico, potrebbe esservi l’alienazione di qualche unità immobiliare, e i nuovi condòmini hanno anch’essi diritto a conoscere le condizioni economiche applicate dall’amministratore”.
“Sta di fatto – puntualizza Marostica – che proprio questo comma conferma quanto già detto a proposito del rinnovo; il quale non è una mera prosecuzione dell’incarico precedente, ma nuovo incarico a tutti gli effetti, che necessità di specificazione analitica del compenso”.
Pena? La nullità della nomina. “Il che, a rigore di legge, fa decadere tutti gli atti assunti dopo la nomina risultata nulla – conclude l’avvocato -. Anche se la giurisprudenza di merito è, oggi, tutt’altro che univoca nel valutare, ad esempio, quando una nomina, e soprattutto una conferma, priva dell’indicazione analitica del compenso, possano effettivamente integrare nullità.